L’apparato
uditivo è sensibile alle vibrazioni di pressione atmosferica, ma questo
legame non è lineare. Infatti, al raddoppio dell’intensità del suono non
avvertiamo il raddoppio della pressione, ma molto meno. In linea di
massima, se l’intensità I del suono aumenta di 10 volte avvertiamo solo
un raddoppio del volume. Questo fatto indica che il legame è di tipo
logaritmico.
Un lieve cambiamento
dell’intensità di un suono, dunque, non é percepito come cambiamento:
la percezione di aumento o di diminuzione del suono avviene solo
se il cambiamento della sua intensità è ragionevolmente alto. Il nostro
cervello, infatti, si comporta in questo modo: se accendiamo una
radio e ci abituiamo per un po’ ai suoni che essa emette, solo dopo una
rotazione ben definita della manopola del volume abbiamo la certezza
psicologica che ora il suono sia più intenso di prima. Se avessimo a
disposizione uno strumento di misura delle intensità sonore, potremmo
scoprire che il rapporto tra l’intensità I2 quando si sente
che il suono è cambiato e l’intensità iniziale I1 è circa
pari a 1,30 indipendentemente dal valore di I1.
Ecco dunque come il
cervello analizza i suoni di uguale frequenza e di diversa intensità:
se I0 è un intensità di riferimento, tutti i suoni di
quella stessa frequenza e di intensità compresa tra I0 e 1,3
I0 vengono classificati in una “casella”. In una seconda
“casella” vengono classificati i suoni di intensità compresa tra 1,3 I0
e 1,3 * (1,3 I0 ) = 1,32 I0. In
generale, nella n-esima “casella” vengono classificati i suoni di
intensità compresa tra 1,3n-1 I0 e 1,3n
I0.
L’utilità fisiologica di questo sistema di
classificazione è molto chiara: siamo capaci di percepire uguali
variazioni percentuali dell’intensità di un suono sia che questo sia
molto debole sia che esso sia molto forte. Il nostro cervello analizza
quasi tutte le percezioni che riceve dagli organi di senso nello stesso
modo: ciò accade, ad esempio, per l’intensità luminosa di un oggetto o,
per restare nel campo dell’acustica, per le differenze di frequenza tra
due suoni.
Per esprimere, dunque, l’intensità di un suono non
in termini della potenza che esso trasporta attraverso una superficie
unitaria (misura fisica), ma in termini della sensazione che esso
provoca ( misura fisiologica) dobbiamo trasformare il risultato della
misura fisica dell’intensità del suono in modo da stabilire delle
caselle di classificazione simili a quelle su cui si fonda il nostro
cervello. Il metodo usato consiste nel calcolare la quantità
IL = 10 log I/I0
trattenendo solo la parte intera del
numero che si ottiene. Il valore intero così ottenuto si chiama livello
sonoro espresso in decibel. Se, ad esempio, risulta IL = 12,234
si dirà che il suono ha un’intensità di 12dB e ciò significherà che il
nostro cervello classificherà quel suono circa 12 “caselle” più in su
del suono di intensità I0. Spesso si stabilisce di usare per
il valore I0 la quantità standard
I0 = 10-12 W/m2
Il decibel e' la misura più utilizzata in
acustica ed è una rappresentazione logaritmica del rapporto tra due
quantita', di cui una, quella al denominatore, è presa come riferimento.
L'intensità del suono è
legata alla pressione dell'onda sonora dalla relazione
I = νP2
dove ν indica la frequenza
dell'onda sonora.
Pertanto, il decibel può
essere definito anche in questo modo:
dB = 10 log I/I0
= 10 log p2/p02= 20 Log(P/P0)
dove P0 è la
pressione standard di 0,0002 microbar (corrispondente alla soglia audio
del nostro orecchio).
Si è ritrovata, così, la
definizione di decibel più usuale:
dB = 20 Log(P/P0).
Questa unità di
misura è particolarmente comoda in molti casi. Per esempio, quando si
utilizzano formule che usano generalmente moltiplicazioni o divisioni,
con i decibel esse si trasformano in somme e sottrazioni, semplificando
i calcoli; inoltre quando si hanno in gioco grandezze che variano di
molti ordini di grandezza la scala logaritmica permette di comprimere la
scala, e, quindi, di parlare di 100 dB invece che di un rapporto 1 a
10000000000.
100 = 10 Log I/I0
I/I0 = 1010
Sapendo che oltre i 120 dB avvertiamo
dolori, può essere interessante calcolare la pressione acustica massima
che può sopportare l’orecchio umano.
120 = 20 Log P/P0
6 = Log P/P0
P/P0 = 106
P = 106 P0 = 106
* 0,0002 microbar =
= 106 * 2 * 10-4
microbar =
= 2 * 102 microbar.
Poiché la percezione dell’intensità del suono
varia con la frequenza, si usano le cosiddette curve isofoniche
(visibili nella figura sottostante), che sono ricavate statisticamente e
mostrano, sommariamente, che la zona di maggiore sensibilità uditiva è
compresa tra i 1000 Hz e i 3000 Hz:
Muovendosi lungo ogni
curva si trovano, per ogni frequenza, i valori del livello di
intensità IL; in tale situazione l’ascoltatore medio percepisce una
intensità costante.
Queste curve definiscono il livello di sonorità, che si esprime in
phon. Quando ci si muove lungo una di queste curve si percepisce una
sonorità (un volume) costante, nonostante il valore assoluto di
intensità I vari di molti ordini di grandezza.
Tali curve sono tracciate in modo tale che a 1000 Hz il valore di
phon ed il valore di decibel coincidano.
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